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Cronache
Bonum est faciendum
et persequendum
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Domenica 19 aprile 2009 si è svolto il secondo incontro del Caffè filosofico di Ferentino. Gli intervenuti si sono riuniti nell’antico Caffè di Italo Pompeo in Piazza Matteotti per discutere su un tema di alto profilo culturale: Amore e Morte.

La discussione è stata aperta con il componimento di Aurelio Massidda, Aprimi, sorella mia, amica mia, riflessioni poetiche sul Cantico dei Cantici 5,2. In un riuscito duetto tra i due amanti il Poeta mette in luce le sfumature emotive ed emozionali che il sentimento amoroso suscita nell’Uomo e nella Donna; ma, particolarmente, è messa in luce la duplice natura di Amore, che viene trovato solo quando si cerca e viene svelato solo  quando lo si ri-conosce nel silenzio e nell’ascolto interiore, dopo aver percorso esperienze di solitudine e abbandono, dopo aver percorso “basiliche d’incenso e baracche puzzolenti”,  dopo aver lasciato “le calde vesti della mia pelle per mettere in cammino la mia nudità”.

Amore e Morte scandiscono il cammino della conoscenza fin dagli albori del pensiero filosofico, dai presocratici, quando con Empedocle Amore e Odio sono stati identificati con le forze cosmiche che determinano l’armonia del Cosmo e della Natura.
Nella discussione il discorso è passato attraverso Platone, Aristotele, Cicerone ed è giunto fino ad Hegel e a Freud. Gli intervenuti hanno discettato sulle complesse tematiche con pacatezza di toni e con convinte esperienze personali di vita e di pensiero. La poesia ha aperto la strada allo scandaglio interiore e, attraverso l’analisi delle pieghe dell’animo umano, gli intervenuti hanno rilevato anche i molteplici modi di dire “amore” e le loro implicanze fisiche e metafisiche. Amore come relazione, come opposizione, amore nella sua componente di senso, significati, sensazione, sentimento, emozione, comunione, condivisione, identità e separatezza. L’Amore vive della sua Morte, perché solo quando si muore a se stessi, si ama; e la Morte non è altro che trasformazione della Vita. Amore nasce dal riconoscimento della propria incompletezza e quindi del bisogno di completarsi in un’alterità non solo fisica, ma anche trascendente e valoriale.

Al termine della conversazione, che è durata oltre due ore, è stato letto il componimento poetico di Michele Tortorici, Come ogni giorno (da: Michele Tortorici, La mente irretita, Manni 2008, p. 33).
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