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Cronache
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Cerimonia di scoprimento della lapide alle vittime ferentinati delle Fosse Ardeatine
Giovanni Ballina e Ambrogio Pettorini
Ferentino, Palazzo Comunale, 20 marzo 2009


Il giorno 20 marzo 2009 si è svolta presso la sede municipale di Ferentino la toccante cerimonia di scoprimento della lapide commemorativa alle due vittime ferentinati delle Fosse Ardeatine (Roma, 24 marzo 1944), Giovanni Ballina e Ambrogio Pettorini. Erano presenti il prefetto di Frosinone, dott. Piero Cesari, il Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Frosinone, avv. Francesco Scalia, il Sindaco di Ferentino, dott. Piergianni Fioretta, autorità civili e militari della provincia. Hanno partecipato alla Manifestazione i familiari delle due vittime, il dott. Aladino Lombardi dell’Anfim, il prof. Ugo Bellusci, figlio del prof. Giuseppe, che partecipò all’Assemblea Costituente e fu sottosegretario al Ministero P. I. nel primo governo De Gasperi.
Toccanti gli interventi delle Autorità presenti e dei familiari di Ambrogio Ballina e Anastasio Pettorini. Il discorso del prefetto dott. Cesari è stato molto apprezzato per aver centrato lo spirito che animò la Resistenza e, specialmente, i valori e le idealità che sorressero gli uomini della nuova Italia, che risorgeva dalle macerie di un apocalittico e terribile conflitto mondiale.
mons-giuseppe-casali.jpgNella sala consiliare, gremita di giovani studenti in rappresentanza degli istituti scolastici di Ferentino,  il Presidente del Centro Ermini, prof.ssa Biancamaria Valeri, ha dato lettura di due documenti di grande importanza:
1.le pagine dell’inedito “Diario” di mons. Giuseppe Casali relativo alle riflessioni che l’intrepido sacerdote ferentinate vergò dopo aver avuto notizia dell’efferato eccidio (27 marzo 1944 e 2 aprile 1944)
2.una poesia del poeta ferentinate Felice Cupini scritta nell’anniversario della strage (1962).
Si riportano in calce i due documenti.

DAL “DIARIO” (inedito) DI MONS. GIUSEPPE CASALI

Ferentino, 27 marzo 1944

I giornali fascisti prudentemente non ne hanno parlato, ma giornali esteri han dato notizia di gravi incidenti avvenuti a Roma il 23 corrente. Durante un corteo per celebrare la ricorrenza del 23 marzo – ma chi le ricorda ancora le date memorande del Calendario fascista? – sarebbero state lanciate delle bombe a mano sui dimostranti e sarebbero rimasti uccisi una trentina di poliziotti tedeschi. Al fatto avrebbe seguito immediatamente la rappresaglia con la fucilazione di trecento ostaggi, dieci per ogni tedesco. A poca distanza dalla Capitale non si è riusciti ad aver conferma della notizia; ma la cosa è tutt’altro che improbabile, data l’ostilità ben nota della cittadinanza romana contro fascisti e tedeschi e la non meno nota ferocia di questi ultimi nelle loro rappresaglie. Se il fatto fosse vero, avrebbero ucciso più vittime innocenti i tedeschi che non gli anglo-americani in tutti i bombardamenti di questi ultimi tempi su Roma, con la differenza che le stragi degli alleati, neanche essi scusabili, potrebbero essere considerate come fortuite e preterintenzionali, quella dei tedeschi sarebbe una vera strage di innocenti, premeditata ed eseguita col più ributtante cinismo.
E del resto il sistema teutonico, barbaro e inumano, adoperato largamente in tutti i paesi che hanno avuto la sventura di soggiacere alla violenza di questi assassini autentici, i quali con tali metodi pretenderebbero di dominare il mondo. Di dominare il mondo! L’antico sogno che si rinnova a scadenza fissa. Citiamo un esempio per tutti. Fin dal secolo duodecimo, Goffredo da Viterbo, segretario di Corrado III e Federico primo, scriveva, rispecchiando le idee in quel tempo prevalenti nel mondo germanico: “L’Imperatore, legge vivente che comanda ai re ed a cui sottostà ogni sorta di diritto quaggiù, puniendo, legando, sciogliendo. Egli crea le leggi, non v’è soggetto; e se v’obbedisce talfiata, avviene per l’alta sua condiscendenza. Da Dio fu preposto al governo del basso mondo e l’Eterna Podestà con Essolui partiva l’impero, cosicché agl’Immortali si appartenesse il Cielo ed all’Imperatore le cose terrestri”. Dove è detto l’Imperatore mettete il Fuherer e in pieno secolo ventesimo ogni nazista è pronto ad affermare la stessa cosa. Soltanto che i nazisti non incomodano Dio, a cui non credono perché si autodeificano come popolo e come razza. Ora questo fanatismo bestiale, che non trova riscontro neanche in quello delle varie orde selvagge, provenienti dall’Asia e abbattutesi sull’Europa cristiana attraverso i secoli, costituiscono un pericolo gravissimo per la civiltà e per tutti quei valori morali che ne formano il patrimonio.
pettorini-ballina.jpgEliminare questo pericolo a ogni costo, se pure difficile impresa, dato lo sforzo formidabile col quale il tentativo di sopraffazione viene attuato e i mezzi di cui dispone, vale la pena che sia condotta a fine per la comune salvezza. Tutti i popoli sono ingaggiati nella lotta e, per fortuna, il comune nemico non si trova più come succedeva nei tempi andati, di fronte a nazioni povere, disorganizzate, inermi e quindi facile preda dell’invasore, ma di fronte a popoli civili che sanno difendere, insieme alla loro libertà, la propria esistenza. E i tedeschi sanno di averli tutti indistintamente contrari, anche quelli, come il nostro, che una impopolare politica e un potere dittatoriale aveva costretti e cerca di costringere tuttora ad allearsi agli oppressori. Lo sanno e si sforzano di dominare col terrore e con le stragi. La fucilazione dei trecento romani, se vera, non sarebbe che un episodio dei mille e mille sanguinosi e foschi, che la storia della presente guerra doveva registrare.  Di conserva con questo sistema che diremo forte per non dire selvaggio, i tedeschi cercano di piegare i popoli al loro giogo, agitando lo spettro del comunismo e del bolscevismo con più insistenza e quasi esasperazione oggi che le armate russe li stringono da oriente e minacciano la stessa Germania. Ma lo spauracchio, vieto e abusato, ormai, non fa paura più a nessuno o se desta qualche preoccupazione, questa non ha niente a che fare con le sofferenze della oppressione teutonica in atto. Meglio i russi che i tedeschi. E’ il grido della Polonia martire; è il grido di tutta l’Europa. L’Italia e la stessa Roma non pare che la pensino diversamente.


Ferentino, 2 aprile 1944


Si ha qualche particolare sulla rappresaglia di Roma per i fatti del 23 marzo in Via Rasella. Trentadue tedeschi delle SS sarebbero rimasti uccisi e undici feriti. Ogni tedesco avrebbe costato la vita di dieci italiani, quindi ne sarebbero stati trucidati, di questi, trecentoventi, presi a caso sul posto, non di altro rei che di avere la loro pacifica abitazione sulla strada funesta o di trovarsi a passare in quei paraggi. E’ stato anche riferito che non essendosi potuto, con la razzia fatta, raggiungere il numero determinato delle vittime, sono stati presi dal carcere di Regina Coeli una settantina di “prigionieri politici”, che legati e gettati vivi entro una fossa minata, sarebbero stati, dallo scoppio delle mine, uccisi e sepolti nello stesso momento! Atrocità inaudita, che riempie di orrore al solo immaginarla; eppure chi sa quante centinaia di migliaia di innocenti, specialmente ebrei, hanno trovata la morte entro questi baratri d’inferno, la cui invenzione non poteva ispirare ai tedeschi che il demonio in persona, tanto essa è fuori da ogni umano immaginare. E simili iniquità già perpetrate su larga scala nei paesi cosiddetti occupati e considerati nemici, si ripetono in Italia, nell’Italia di Mussolini, l’alleato, il camerata, senza che questo vigliacco levi una voce di protesta. Oh i signori della Repubblica Sociale col loro degno capo, hanno ben altro da fare che impedire le stragi di Roma e di altre città italiane, deliziate con analoghi procedimenti! Il governo della repubblica burletta, che pensa a … stampare i nuovi francobolli, a privare i prefetti del titolo di “Eccellenza”, a depennare dagli elenchi araldici i cavalieri di … “Vittorio Savoia” e ad altre cose di siffatta sbalorditiva importanza, non può occuparsi del sangue innocente che scorre a fiumi dalle vene della Patria ferita a morte.
Che se anche volesse darsene pensiero, per un minimo residuo di pudore nazionale, la sua protesta resterebbe vana e le rappresaglie, gli sfollamenti, le devastazioni, le rapine, le violenze, le stragi proseguirebbero, come difatti proseguono, con lo stesso ritmo crescente e con la medesima insaziata ferocia. Ma la protesta non è venuta e non verrà, che anzi i manigoldi fascisti, lungi dal ribellarsi alle imprese nefande dei loro padroni, li coadiuvano e li incoraggiano e con sadica voluttà guazzano anch’essi nel sangue dei fratelli. Nazismo e fascismo: associazione a delinquere ai danni dell’Europa e del mondo, ma specialmente dell’Italia, il Paese più buono e infelice. Qui tribunali speciali, bande armate come quella “Pollastrini e Camerati”, massacro di prigionieri politici, fucilazioni in massa d’innocenti: siamo tornati un secolo e mezzo indietro, agli orrori della Rivoluzione Francese, edizione peggiorata, perché in quella si trattava dell’odio e del furore di un popolo, accumulato da secoli sino alla disperazione e che alfine esplodono, tutto travolgendo alla cieca, uomini e istituzioni, costumi e leggi, troni e altari; nella rivoluzione fascista, invece, non è un popolo esasperato e oppresso che insorge e si rivolta contro gli oppressori, ma è un branco di facinorosi che approfittando di speciali circostanze – nel caso nostro del marasma politico e sociale, seguito a una guerra lunga e estenuante – s’impone con la violenza a un popolo inerme, stanco, prostrato e lo tiranneggia a suo talento. Però nazisti e fascisti ormai stanno scherzando col fuoco e questo, che covava da anni sotto la cenere, qua e là già divampa sinistro anelante alla vendetta. Né le rappresaglie di Roma o di altri siti valgono a domarlo nonché a spegnerlo, come sarebbe l’intenzione dei loro autori, che anzi dal sangue esso trova alimento e forza per divampare più furioso che mai quando la vendetta sarà matura. Che il Signore allontani dall’Italia i tristissimi giorni! E’ la preghiera dei buoni, mentre i malvagi la provocano la collera di Dio, con audacia sempre maggiore. C’è da inorridire a sentire dagli “sfollati” lo scempio che vien fatto dai tedeschi e dai loro camerati fascisti, delle cose sacre: venerate immagini di Madonne e di Santi abbattute o mutilate a colpi di moschetto; chiese e cappelle ridotte a stalle o peggio a letamai. Neanche i morti sono stati lasciati in pace perché in qualche paese sono state scoperchiate persino le tombe per frugare tra le ossa in cerca di tesori nascosti. E queste canaglie sono le stesse che si vantano di combattere il bolscevismo, rinnegatore di Dio e nemico della religione. Empi e ipocriti!


FELICE CUPINI


IN MEMORIA DEI TRECENTO UCCISI
ALLE FOSSE ARDEATINE


Nell’Anniversario della strage, 23 marzo 1962


Germanico,
figlio di Druso,
fremono le vecchie mura
di Roma,
s’ode il lamento
di Varo morente
e il pianto alto
di Augusto,
non vedi
che offendono l’eterna grandezza
di Roma
i figli selvaggi di Arminio?
Un folle,
aperti i varchi aspri
dell’alpe nevosa,
ha dato Roma
all’odio funesto
degli Unni.

Vieni
con la daga
d’acciaio lucente,
ci sono i Che ruschi
sulla via Sacra.
Una legione di grandi romani
vien trascinata alle Fosse
ed uccisa.

Dove sei?
Ti tien legato nell’ombra
la Morte?
È Roma che chiama
Te dagli infiniti
squallori del tempo.
Non vedi le mura
sole,
squassate dal vento?
Non c’è sugli spalti
una lancia, una daga,
non si sente
nitrire un cavallo.


Fosco è l’Arco di Druso
si fan nere le nubi
su Roma,
si sente nei fori
l’urlo di mille legioni.
Sulla via Sacra
c’è Arminio
in un’orgia di sangue.
Dalle Ardeatine,
nel buio,
ai nordici orribili dèi
va il sangue
e la strage.

Son trecento
che danno la vita
per la libera via
del mondo.
Son trecento
che dal tiranno
riscattano Roma.
Son queste tombe
un altare
ai trecento spiriti
vigili
nei liberi cieli
d’Italia.