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beata-caterina-troiani.jpgGiubileo dell’arrivo in Egitto della Beata Maria Caterina Troiani e inizio della settimana missionaria

© Sito Diocesano

Care sorelle e cari fratelli,

è con gioia che diamo inizio nel giorno della festa dell’Esaltazione della Santa Croce all’anniversario (150 anni) dell’arrivo della Beata Maria Caterina Troiani al Cairo, in Egitto. Era nata a Giuliano di Roma nel 1813 e nel 1829 vestiva l’abito religioso delle Monache di Santa Chiara della Carità qui a Ferentino, dove aveva studiato fin dall’età di sei anni. In seguito, dopo varie vicende che la videro serva umile di Gesù crocifisso, diede vita alla nuova fondazione delle Terziarie Francescane del Cairo, oggi le Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria, la cui presenza e il cui lavoro tra noi rimane fino ad oggi tanto prezioso. Vorrei ringraziarvi per questo di vero cuore a nome dell’intera diocesi.

 

La Beata Maria Caterina sentiva profondamente il legame personale con Gesù crocifisso, tanto da esperimentare in se stessa i dolori della passione del Signore. Tuttavia partecipare alle sofferenze di Gesù in croce non fu per lei solo un fatto mistico, ma la porta per partecipare al dolore e alle sofferenze del prossimo, soprattutto dei più poveri. Così ebbe a dire Giovanni Paolo II nell'omelia della Messa per la sua beatificazione: "Come il Buon Samaritano della parabola evangelica, ella si fermò accanto a ogni fratello e sorella sofferenti nel corpo e nello spirito, porgendo amorevolmente la sua mano benefica e pagando di persona. Verso il prossimo, vittima del dolore, della malattia, della miseria, la sua carità non ebbe mai preclusioni: cattolici, ortodossi, musulmani trovarono in lei accoglienza e aiuto, perché in ogni persona, segnata dal dolore, suor Caterina intravedeva il volto sofferente di Cristo. Non per nulla la piccola suora, più che con il suo nome, era conosciuta come la madre dei poveri". Per questo in lei fu viva fin dall'inizio l'ansia missionaria, il desiderio cioè di andare oltre il suo mondo (e non era che un piccolo mondo quello della Ciociaria e di Ferentino) per comunicare la gioia e la bellezza della vita cristiana. Così, nutrendo questo desiderio, approdò in Egitto con l'intento di riscattare le bambine e le donne abbandonate o ridotte in schiavitù, fossero essere cristiane o musulmane. Care sorelle e cari fratelli, l'amore cristiano non ha confini e non si basa sul principio della reciprocità, perché è gratuito, dona perché sa che tanto ha ricevuto dal Signore. E' di questa ansia missionaria di cui abbiamo bisogno e che in questa settimana ci aiuterà a rivivere il carisma della Beata Maria Caterina, per poter rinnovare il nostro cuore, la vita di questa città e del mondo intero.  

   Cosa significa vivere uno spirito missionario? Siamo in una società che ci abitua a vivere per noi stessi, a lavorare solo per noi, a difendere le nostre ragioni, il nostro benessere, la nostra famiglia, il nostro territorio, a ricevere e pretendere più che a dare. L'altruismo, l'amore per il prossimo, l'attenzione ai deboli e ai poveri sembra non facciano più parte del modo di vivere di questo mondo, talvolta neppure dei cristiani. Chi è il missionario? E' qualcuno che ha compreso che la vita è un dono e che di conseguenza non si può vivere solo per sé, ma ciascuno è chiamato a dare qualcosa di sé agli altri. Il missionario sa che la croce di Gesù aiuta a vedere le numerose croci piantate in tanti angoli del mondo: le croci di chi soffre per le guerre, le malattie, la fame, le ingiustizie, la violenza, la schiavitù, la povertà, l'abbandono, la solitudine. Quante croci ogni giorni vengono alzate, vicine e lontane da noi! Oggi si fa fatica a vedere queste croci, perché ci si chiude in se stessi e nei propri piccoli mondi. La crisi economica, che tocca purtroppo tante famiglie anche di questa terra, rende più forte la tentazione di vivere per se stessi.

   Care sorelle e cari fratelli, la Chiesa esiste perché è missionaria. Se non vive lo spirito missionario, cioè se non si apre al mondo, ma si chiude nei suoi problemi, discussioni e litigi interni, muore. E quanto tempo passato a litigare, a discutere inutilmente, pensando di avere ragione! Quanti inutili comitati di protesta, di gente che vive contro gli altri e non per gli altri, che crea divisione invece di unità! C'è troppo amore per se stessi, per la difesa delle proprie ragioni e dei propri interessi e scarso senso degli altri, poco rispetto, molta prepotenza, troppo poco amore. Ma così, vedete, noi facciamo morire le nostre comunità, perché chi vive per sé non costruisce, ma abbatte, distrugge, litiga e si arrabbia. Perché? Per un solo motivo: affermare se stesso, vincere sugli altri. Si dimentica forse che l'unica vittoria per il cristiano è nell'amore. Il resto è inganno e illusione.

   Siamo qui, accanto a questo prezioso crocifisso restaurato (anche se come d'abitudine non ci sta proprio davanti per problemi di conservazione e tutela del suo recente restauro), davanti al quale anche la Beata Maria Caterina si deve essere fermata. Esso ci ricorda, come sempre il crocifisso, la vicenda di un uomo che non ha rinunciato ad amare neppure di fronte alla violenza e alla morte: Gesù, morto e risorto per noi. Per questo egli fu esaltato, come abbiamo ascoltato nella lettera dell'apostolo Paolo ai Filippesi. Anzi la croce fu la sua gloria e noi pieghiamo le ginocchia davanti a lui. Egli si è umiliato nel servizio a noi tutti fino alla morte di croce, pur di non smettere di amarci. Care sorelle e cari fratelli, davanti a lui fermiamo la fretta delle nostre giornate, mettiamoci ai suoi piedi come Maria sotto la croce, rientriamo in noi stessi. Smettiamo di innalzarci sugli altri, dimettiamo sentimenti, pensieri, parole e azioni che rendono ostili e distanti. Il volto sofferente del crocifisso susciti in noi sentimenti e gesti nuovi, susciti compassione, benevolenza, simpatia, bontà, amore. L'unica gloria dell'uomo è nell'umiltà del servizio, non nella logica effimera e triste della contrapposizione e dell'affermazione di sé.  Il Signore crocifisso è stato innalzato davanti al mondo e a noi, perché  distogliamo almeno per un po' lo sguardo da noi stessi per volgerlo a lui. Ogni volta che facciamo il segno della croce ricordiamo che stiamo facendo memoria del Signore che ha dato la vita per noi. Egli non ci condanna per il nostro egoismo e i nostri peccati, ma con il suo sguardo sofferente si volge a noi quasi supplicandoci perché lo ascoltiamo quando ci parla, smettendo di ascoltare solo noi stessi, perché nella vita di ogni giorno non dimentichiamo le parole del Vangelo, perché ovunque impariamo a vivere nell'amore. La Beata Maria Caterina partì da qui per un mondo lontano e sconosciuto. Non fece calcoli. Non si chiese se sarebbe riuscita nella sua missione. Sapeva solo che avrebbe incontrato tanta povera gente, ma anche ricchi a cui avrebbe dovuto parlare dei poveri. Infatti ella parlò a tutti e seppe intessere rapporti di amicizia e di stima reciproca con tutti, persino con i capi musulmani, perché era animata da quello spirito evangelico che non fa disprezzare nessuno. Chiediamo a lei di aiutarci ad essere donne e uomini di dialogo, che creano unità e comunione, attenti al bisogno degli altri, animati da un amore senza confini e senza calcoli. Che il Signore ci protegga, protegga le francescane che oggi continuano a testimoniare il carisma della Beata, protegga questa città e la nostra diocesi. Possa Ferentino e tutta la nostra diocesi essere  abitata da donne e uomini che sanno rinunciare alle loro piccole lotte quotidiane contro gli altri, per vivere quell'amore universale che Maria Caterina ci ha testimoniato a partire dai poveri e dal crocifisso, il più povero tra i poveri. Che il Signore crocifisso ci trasformi nel cuore e nella vita.

Amen.
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Segue una breve foto-gallery della Solenne concelebrazione - © Parrocchia Sant'Agata - Un ringraziamento al sig. Matteo Savelloni e al Sig. Carlo Colonna